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Circular economy e industria 4.0: come cambiano prodotti e processi

da | 24 Giu 2021 | News

La circular economy contrappone al modello lineare di produzione e consumo un modello ciclico, basato su riduzione, riutilizzo, riciclo e recupero. Come si lega allo sviluppo sostenibile, buone pratiche in Italia, i vantaggi per il business.

Cos’è la circular economy?

La circular economy è, letteralmente, l’economia circolare, il sistema economico di produzione e consumo più consono allo sviluppo sostenibile e ai suoi obiettivi principali di qualità ambientale, prosperità economica ed equità sociale. Obiettivi da raggiungere senza compromettere le capacità delle generazioni future.  

Il sistema economico tradizionale è lineare: estrazione, produzione, utilizzo/consumo, rifiuto.

Il sistema di economia circolare tende invece al “rifiuto zero”: lo scarto di un ciclo produttivo diventa materia prima per un altro ciclo, così da “rimettere in circolo” e valorizzare ogni risorsa più possibile, in modo che, una volta arrivata al fine vita, possa avere il minimo impatto sull’ambiente.

La circular economy si basa sulle 4R: Ridurre, Riutilizzare, Riciclare, Recuperare. Ridurre gli sprechi nella produzione e nel consumo significa ottimizzare l’impiego di materiali, di energia, la logistica, minimizzare il packaging. Riutilizzare significa, nella produzione, allungare il ciclo di vita del prodotto, nel consumo, utilizzarlo più volte e anche con scopi differenti da quelli previsti (fornendo feedback utili alla produzione). Riciclare significa riportare nel ciclo parte della lavorazione, utilizzare materie prime seconde e, nel consumo, attivarsi per una efficace raccolta differenziata. Recuperare significa valorizzare il prodotto nel fine vita attraverso il riutilizzo o la produzione di energia.

La transizione verso la circular economy può avvenire infatti attraverso tre livelli: il macrolivello della composizione industriale e dell’intera economia; il mesolivello dei parchi eco-industriali; il microlivello di prodotti, imprese e consumatori.

La definizione ad oggi più usata di economia circolare è quella fornita dalla Ellen MacArthur Foundation: “un sistema industriale che è riparativo o rigenerativo per intenzione e progettazione. Sostituisce il concetto di ‘fine vita’ con il restauro, si sposta verso l’uso di energia rinnovabile, elimina l’uso di sostanze chimiche tossiche, che compromettono il riutilizzo, e mira all’eliminazione dei rifiuti attraverso la progettazione superiore di materiali, prodotti, sistemi, e, all’interno di questo, modelli di business.”

Ricercatori dell’Istitute of Sustainable Development dell’università di Utrecht nel 2017 hanno analizzato 114 definizioni di economia circolare, trovando come alcune di queste la confondano con il riciclaggio e come il legame con lo sviluppo sostenibile e l’equità sociale sia ancora poco esplicitato.

La loro definizione recita: “Un’economia circolare descrive un sistema economico che sostituisce il concetto di “fine vita” con la riduzione, il riutilizzo alternativo, il riciclaggio e il recupero dei materiali nei processi di produzione/distribuzione e consumo. Opera così a livello micro (prodotti, aziende, consumatori), meso (parchi eco-industriali) e macro (città, regione, nazione e oltre), con lo scopo di realizzare uno sviluppo sostenibile, che implica la creazione di qualità ambientale, prosperità economica ed equità sociale, a beneficio delle generazioni attuali e future. È reso possibile da nuovi modelli di business e da consumatori responsabili”.

Cosa dice il piano per la circular economy della Commissione europea

A febbraio 2021 è stato approvato dal Parlamento Europeo il piano d’azione per una nuova economia circolare, presentato dalla Commissione Europea a marzo 2020, in linea con il Green Deal, la tabella di marcia verso la circular economy a impatto climatico zero.

L’economia circolare è un prerequisito per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e fermare la perdita di biodiversità. Si prevede che l’economia circolare aumenti il PIL UE di 0,5% all’anno fino al 2030, con 700mila nuovi posti di lavoro.

Il piano d’azione prevede misure per la realizzazione di un mercato europeo di prodotti sostenibili, efficienti e a impatto climatico zero: l’estensione, entro il 2021, della Direttiva per la progettazione ecocompatibile anche ai prodotti non connessi all’energia, con norme specifiche su performance, durabilità, riutilizzabilità, riparabilità, non tossicità, possibilità di miglioramento, riciclabilità, contenuto riciclato, ed efficienza dal punto di vista energetico e delle risorse.

Prevede inoltre la proposta di obiettivi vincolanti per combattere l’obsolescenza programmata, sostiene sia il progetto di passaporti digitali per i prodotti che azioni contro il greenwashing, stabilisce un nuovo diritto dei consumatori “alla riparazione” che dovrebbe coprire almeno il ciclo di vita esteso dei prodotti, l’accesso ai pezzi di ricambio e a informazioni complete, nonché a servizi di riparazione a prezzi accessibili.

Prevede misure legislative per appalti pubblici verdi, la ricerca su tecnologie innovative di minimizzazione risorse e rifiuti, l’interoperabilità tra filigrana digitale e blockchain per la tracciatura, la localizzazione e la mappatura dell’uso delle risorse e dei flussi di prodotti attraverso tutte le fasi del ciclo di vita. Propone l’introduzione di un caricabatterie universale per smartphone e dispositivi elettronici di piccole-medie dimensioni.

Il piano d’azione della Commissione europea ha stabilito sette aree chiave, essenziali per raggiungere un’economia circolare: plastica; tessile; rifiuti elettronici; cibo e acqua; imballaggi; batterie e veicoli; edifici e costruzioni.

Elettronica e ICT

Meno del 40% dei rifiuti elettronici ed elettrici UE viene riciclato. Il piano sostiene un’elettronica circolare, con una maggiore durata dei prodotti, misure contro l’obsolescenza precoce, una raccolta dei rifiuti elettronici più semplice anche esplorando un sistema di resa a livello europeo, l’istituzione di un regime di certificazione obbligatorio per le imprese di riciclaggio dei rifiuti elettronici.

Batterie e veicoli

Il piano sostiene un nuovo regolamento sulle pile e i rifiuti di pile che contenga l’approvvigionamento sostenibile, etico e sicuro, la progettazione ecocompatibile, comprese misure relative al contenuto riciclato, la sostituzione delle sostanze pericolose e nocive ove possibile, il miglioramento della raccolta differenziata, del riutilizzo, della riparazione, della rigenerazione, della ridefinizione e del riciclaggio, compresi obiettivi di riciclaggio più ambiziosi, il recupero di materiali di valore, la responsabilità estesa del produttore e l’informazione ai consumatori; il quadro dovrebbe affrontare gli impatti ambientali dell’intero ciclo di vita, con disposizioni specifiche sulle batterie relative alla mobilità e allo stoccaggio dell’energia.

Il rafforzamento dei sistemi di riciclaggio di batterie potrebbe ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime. Il Parlamento ha chiesto inoltre alla Commissione di vagliare le opzioni per un quadro legislativo che garantisca l’approvvigionamento etico dei prodotti minerali, in particolare il cobalto, e ha accolto la proposta di revisione della direttiva sui veicoli fuori uso in ottica di economia circolare, anche attraverso l’istituzione di una banca dati europea di segnalazione.

Imballaggi

Il piano prevede che tutti gli imballaggi UE siano resi riutilizzabili o riciclabili in modo sostenibile entro il 2030 e invita le industrie a integrare le normative esistenti con azioni volontarie che riducano gli imballaggi sul mercato. Il Parlamento ha invitato la Commissione a esaminare le potenzialità dei sistemi di restituzione su cauzione nazionali compatibili di raggiungere il necessario tasso di raccolta del 90 % dei contenitori di bevande in plastica, quale passo verso la creazione di un mercato unico per gli imballaggi, in particolare per gli Stati membri vicini.

Plastica

Il Parlamento ha promosso la strategia europea per la plastica nell’economia circolare, con l’eliminazione graduale dell’uso delle microplastiche e, con nuove misure normative, del loro rilascio accidentale alla fonte. Ha inoltre invitato la Commissione all’elaborazione di norme per gli imballaggi riutilizzabili e i sostituti degli imballaggi, degli articoli da tavola e delle posate monouso.

Tessile

Il Parlamento ha chiesto nuove misure contro la perdita di microfibre, per lo sviluppo di un prelavaggio industriale preventivo controllato e standard più rigorosi nell’uso dell’acqua nonché un’integrazione tra la sostenibilità ambientale e quella sociale, quindi relativa ai diritti umani e del lavoro in tutte le fasi della catena del valore del settore tessile.

Costruzione ed edilizia

L’industria edile produce oltre il 35% dei rifiuti totali dell’UE. Il Parlamento ha chiesto di fissare obiettivi di riduzione dell’impronta di carbonio e dei materiali degli edifici, e di applicare il quadro Levels(s) agli edifici sostenibili quale quadro vincolante per la prestazione edilizia. Ha invitato la Commissione a rivedere il regolamento sui prodotti da costruzione e di adottare soluzioni digitali come il tracciamento dei rifiuti per una migliore prestazione energetica degli edifici, nonché politiche di pianificazione che favoriscano riconversioni e ristrutturazioni anziché nuove costruzioni. Ha sottolineato che il 90% dell’ambiente edificato per il 2050 esiste già, ed è quindi opportuno definire requisiti particolari per le ristrutturazioni.

Cibo e acqua

Il Parlamento ha esortato la Commissione ad attuare il dimezzamento degli sprechi alimentari entro il 2030, così come previsto dalla strategia per la sostenibilità alimentare. Si stima che il 20% del cibo prodotto in UE venga disperso o sprecato. Il Parlamento ha invitato l’adozione di misure per aumentare l’uso di concimi animali riciclati e nutrienti organici al posto dei fertilizzanti sintetici; ha chiesto piena attuazione del regolamento sul riutilizzo dell’acqua; sostiene un migliore recupero dei rifiuti organici e la revisione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane.

Gestione dei rifiuti

L’UE produce più di 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti all’anno, per lo più di tipo domestico. Tutti gli Stati membri entro il 2023 devono garantire che i rifiuti organici siano separati e riciclati alla fonte oppure raccolti separatamente. Il Parlamento ha invitato la Commissione a proporre obiettivi vincolanti per la riduzione dei rifiuti e la limitazione di produzione di rifiuti residui all’interno della revisione delle direttive rifiuti e discariche previste per il 2024. Sostiene inoltre l’istituzione di un mercato UE delle materie prime seconde di alta qualità e la proposta legislativa entro il 2022 sulla rigenerazione degli oli usati. L’obiettivo è aumentare il riciclaggio di alta qualità con una raccolta differenziata efficiente come presupposto, cessare il conferimento in discarica e ridurre al minimo l’incenerimento dei rifiuti.

Esempi di circular economy in Italia

In Italia tra gli esempi di circular economy troviamo: la Cartiera Favini, che rivalorizza le alghe, gli scarti-agroindustriali, i residui di lavorazione di pelletteria e cuoio come materia prima alternativa alla cellulosa; la Bio-on, che produce bioplastica 100% naturale e biodegradabile; la Fater, che produce plastica, cellulosa e polimero superassorbente da assorbenti e pannolini; la Verallia, produttore di contenitori in vetro che ha stretto una collaborazione con Sapi, gruppo attivo nella rigenerazione di cartucce toner e ricondizionamento stampanti per ridare vita ai prodotti per la stampa esausti; la Cuki, che utilizza plastica riciclata per produrre i sacchi per la nettezza urbana, realizza carta alluminio riciclata, carta forno naturale non trattata chimicamente, particolari sacchetti in plastica che possono essere gettati insieme all’umido.

Nel settore edilizio: la TS Asfalti, che produce asfalto nuovo a partire da asfalto fresato o a pezzi o rigenera l’asfalto esistente attraverso riscaldatori a infrarossi o termocontenitori che permettono riparazioni e rilavorazioni; la Mapei, che con uno speciale additivo trasforma il calcestruzzo in materiale granulare; il Catalyst Group, che utilizza i detriti della demolizione degli edifici per una filiera che produce nello stesso cantiere mattoni utili alla costruzione; la Personal Factory, che ha ripensato la filiera del drymix per l’edilizia vendendo il compound chimico da miscelare in loco con sabbia, cemento, calce o gesso grazie ad una piattaforma integrata e brevettata; la Ecomat che realizza pavimenti e rivestimenti a base d’acqua in materiali di riciclo e completamente riciclabili come inerti; la Edilatte che produce pitture, intonaci, coloranti e additivi dagli scarti dell’industria lattiero-casearia, boschiva, apistica, oleovinicola, birraria.

Nel riciclo degli pneumatici: la Tyrebirth, che con uno speciale forno a microonde scompone gli pneumatici fuori uso in carbone, acciaio, olio combustibile e GPL; la Ecopneus, che recupera la gomma e la impiega come materiale per l’edilizia.

I vantaggi della circular economy per il business

Le questioni ambientali e sociali saranno sempre più importanti per la valutazione di una società: l’ESG – Environmental, Social e Governance è la base per giudicare la sostenibilità degli investimenti societari, quindi il profilo rischio/rendimento del portafogli.

Ma i vantaggi dell’economia circolare per il business non si limitano a questo: un modello di economia circolare slega l’impresa dalla dipendenza da materie prime esauribili, favorendo una maggiore sicurezza nell’approvvigionamento delle risorse e nella stabilità dei prezzi della filiera. Incentiva l’utilizzo di materie prime seconde e stimola la ricerca di materiali più efficienti e meno inquinanti.

L’ottimizzazione della supply chain è solo un aspetto di una evoluzione che punta a trasformare l’intero processo manifatturiero: l’economia circolare è costituita da prodotti pensati per essere venduti insieme ai servizi necessari per mantenerli in uso più a lungo possibile, dalla manutenzione alla rigenerazione al riciclo. Fino ad arrivare al “oltre il 35% dei rifiuti totali dell’UE”, cioè al prodotto venduto come un servizio. Tipologie di “prodotti come servizi” sono il pay-per-use, ovvero l’acquisto sulla base di un utilizzo non esclusivo, l’affitto per un periodo di tempo lungo, il noleggio, l’accordo per prestazioni. Diventa quindi strategico recuperare i prodotti, rigenerarli e reimmetterli in commercio.

Valorizzare gli scarti in ulteriori cicli produttivi significa inoltre ottimizzare i processi, ridurre i consumi di risorse, diminuire l’impatto ambientale, porsi a fianco del consumatore nella difesa della salute e della qualità della vita.

 

Josephine Condemi
Fonte: Industry 4 Business

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